Curated by Enzo Biffi Gentili
Raccolta Civica de Terra Rossa
Palasso dei Conti Botton, Castellamonte
2004
‘Ripensamento di Castellamonte’
di Enzo Biffi Gentili
Direttore dei Seminario Superiore di Arti Applicate,
Torino 2004
Excerpt from: ‘Tre Lezioni Magistrali’
3. Cecile Johnson Soliz, Artista
Secondo un?opinione corrente Castellamonte è considerata la capitale della “fumisteria”. Fumisteria significa, secondo una alquanto desueta definizione, la fabbricazione di stufe e caminetti, specialità locale ancora attiva, e molto, forse troppo, legata al “modello rico”, e un pò greve, della sua trionfante produzione ottocentesca, oggi divenuta ”di nicchia“, che comunque l’Amministrazione Comunale vuole presidiare, magari auspicando maggiori rapporti con la cultura del progetto. La stufa è insieme un diapositivo tecnologico utilitario, un oggetto di arredamento, e una piccola architettura, e tutto sommato ci si dovrebbe rammentare, e non è mai qui seriamente avvenuto, di vivere nel paese del design. Ma per fumisteria si intende anche ogni linguaggio equivoco e confuso, e quello della critica, e della curatela di mostre, ceramiche e no, no ha offerto frequentissimi esempi, anche a Castellamonte: ed è un fenomeno che l’Amministrazione Comunale ha deciso di combattere Il curatore fumiste (termine che in francese designa il ciurmadore), che infesta l’Italia artigiana, si riferisce, per ignoranza, solamente all clamorosa, irripetibile vicenda albisolese degli anni ‘50 e ai suoi medicri remake successivi, convinto com’è che gli artisti debbano strappare la ceramica dale mani degli stanchi artigiani. E quasi sempre si tratta di artisti che appunto sono “violemment désireux d’intervenir (j’allais dire bruyamment) en détournant tout objet de poterie pout se l’approprier, le griller de leurs signes, de leur ‘motifs’…” E sono, queste parole di un coltissimo artista, il pittore Luc Simon, il vecchio amico di Jacques Prévert e compagno di Barbara, che tuttavia non condivide questo aggresivo ede egotista atteggiamento dei colleghi. Anche le stufe di Castella,onte sono state talvolta “messe alla griglia” delgi stilemi autoreferenziali di alcuni artisti, sono divenute un supporto come un altro per delgi idioletti, e quindi esempi, più che di arte applicata, di arte appiccicata.
Anche Cecile Johnson Soliz, un’artista americana, ha progetatto e realizzato a Castellamonte una stufa in collaborazione con la manifattura RP Castellamonte. Ma, essatamente come nel caso di una sua precedente esperienza con un opificio inglese, la Red Bank Manufacturing Co. di Measham nel Derbyshire, diretta allora a rielaborare la tipologia e il significato della “ceramica sul tetto”, dei chimney pots, dei comignoli, “this collaboration challenges the disinclination of some contemporary artists to locate themselves within historic traditions, as well as the common tendency to polarize art and craft.” Johnson Soliz ”sfida” e combatte quindi apertamente su di un duplice fronte due deplorevoli persistenti propensioni dei suoi colleghi: scollegarsi dalla tradizione e dividere le arti tra maggiori e minori Eppure si tratta di un’arte, la sua, nella quale sono fondamentali le componenti concettuali, analitiche; riflessive – centrali, quelle che riguardano la compresenza di valori simbolici, analogici, utilitari nell’oggetto – e le preoccupazioni percettive: caratteri assolutamente contemporanei; non contradetti, ma potenziati, dalla sua grande attenzione per le componenti esecutive, tecniche, manuali dell’opera. A esempio per lei la luce, immateriale, è il materiale fondamentale della scultura: in una sua serie intitolata ‘Shelves for Light’ delle semplicissime bianche mensole, definibili in gergo critico come minimal, in realtà fungevano da supporto per la consapevolezza delle diverse condizioni e anche minime variazioni di illuminamento ambientale. E si prefigge lo stesso obbiettivo anche nel lavoro sulle tipologie ceramiche tradizionali: nel caso dei suoi still life di brocche biscottate la scelta della bassa temperatura, e quindi di un effeto di “porosità” della bianca pasta ceramica, è strumentale all’apertura alla luce della “pelle” degli ogetti; nel caso della stufa una semplicissima decorazione che qui in Piemonte definiremmo come, “grissinata”, eseguita con le dita, serve a incanalare i riflessi degli smalti e a erigere energetiche, verticali light architectures. E così siamo finalmente nella vera, grande arte applicata, intesa come un luogo cruciale di ricerca e sperimentazione nel sistema della arti contemporanee, all soglie del progetto di design, così come eravamo sicuramente nel protodesign quando a Castellamonte si realizzarono stufe “razionaliste” – caso pressoché unico di modernismo fumista, nell’accezione positiva del termine – per la locale Casa Littoria, dalle solide forme smussate e dale superfici continue in “maiolica liscia”, completamente prive di decorazioni, ma rese vaghissime dalla luce dilagante appunto per l’assenza di ogni interruzione di persorse, marezzate dalle fiammature e dalle iridescenze prodotte dalla cottura in forno a legna. Dobbiamo al galerista Franz Paludetto la scoperta della stufa di Cecile Johnson Soliz, e all’Assessore Maurizia Bertoncino la riscoperta, in una cantina del Municipio perche é a suo tempo “epurate” pur essendo progettualimente purissime, di quelle fasciste. Che seranno permanentemente esposte a Palazzo Botton, riabilitate come rarissimi grandi esempi di una tradizione reinventate, non ricopiata o sfregiata.